Superstizione e scaramanzia, che differenza c’è?

tarocchi - ph pixabay

Molto spesso superstizione e scaramanzia si confondono tra loro, unite nel linguaggio comune e chiamate talvolta in causa quando si vuole eliminare la malasorte. Analizzando però i due termini, rappresentano concetti molto diversi tra loro. Il primo indica una credenza che, razionalmente o meno, può avere un’influenza sulla vita di tutti i giorni. È un concetto molto simile allo scientifico principio di causa effetto: in questo caso, però, le correlazioni non sono supportate da basi scientifiche ma da convinzioni personali prive di fondamento logico. Il connotato negativo del termine deriva dalla scrittura di Cicerone, in particolare all’interno del suo De natura deorum, dove descrive con questa denominazione coloro che passano il tempo a pregare verso divinità al fine di ottenere la salvezza dei figli.

Meno elaborato appare invece il concetto che sottostà alla scaramanzia, che ha di certo come fondamento la superstizione ma ne rappresenta l’atto pratico, in un certo senso. Per questo viene spesso utilizzata nel descrivere un determinato gesto o una azione, il cosiddetto “gesto scaramantico”. Quell’attività, che molto spesso richiede solo pochi secondi, in grado in qualche modo di rassicurare chi l’ha compiuta di aver così allontanato la sfortuna. Ad esempio, il riferimento va a gesti banali come toccare ferro o fare le corna quando si sentono racconti che nominano la morte o le malattie.

Il legame tra superstizione e scaramanzia si ritrova spesso nei numeri, come sa chi gioca al lotto o alla tombola napoletana (dove l’associazione con la smorfia è quasi automatica) o simili giochi come il bingo online. La smorfia di Napoli è un libro che viene utilizzato per interpretare i sogni e dare loro una numerazione, utile poi per essere giocata al lotto. La codifica spesso non è immediata, soprattutto inizialmente, quando la trasmissione era solo orale: solo in un secondo momento fu messa nero su bianco e ancora oggi viene utilizzata.

Nella scelta delle cartelle, ad esempio, c’è chi va alla spasmodica ricerca di numeri come 13 e 17, spesso considerati i più sfortunati in assoluto ma utilizzati come talismano nel caso del gioco. Il 13 rimanda alla tradizione religiosa: nell’ultima cena sono seduti al tavolo 13 apostoli, il tredicesimo è Giuda, il traditore. Il 17 invece pone le sue radici nella numerazione romana, XVII. Spostando l’ordine degli elementi, si nota la parola VIXI, che in latino significa “la mia vita è finita”.

Risulta però interessante come questo fenomeno non sia appannaggio della sola Italia ma ogni paese ha uno o più numeri ritenuti sfortunati. Ad esempio, in Cina e Giappone è il 4 ad essere considerato come tale, tanto che in alcuni palazzi viene volutamente evitata la numerazione del quarto piano, passando dal terzo al quinto. Rimanendo in Oriente, in Thailandia e Vietnam è il 7 ad essere evitato. In questo caso, la ragione è presto detta: il settimo mese dell’anno è quello dei fantasmi. Tra i più trasversali, invece, c’è il 666: in questo caso il riferimento è cattolico poiché rimanda al riferimento di Giovanni l’Apostolo al 666 come “numero della bestia”. Secondo alcuni studiosi si tratterebbe dell’Anticristo, ma non vi è alcuna certezza in merito. Si tratta, tuttavia, di un numero che desta più di qualche brivido anche a coloro che non si professano particolarmente superstiziosi.